sabato, 2 Dicembre, 2023
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Tra risorse scarse e grandi aziende, per i giovani è ancora possibile avviare attività agricole

In Europa c’è ancora posto per i giovani che vogliono dedicarsi all’agricoltura? Nonostante la riforma della Politica agricola europea (PAC) nel 2013, a farla da padrone nel settore sono sempre di più poche grandi aziende. Dalla ricerca „Cambiamo l’agricoltura” di Fondazione Cariplo emerge però che la domanda di regole e finanziamenti adeguati, per sostenere l’innovazione anche in ottica biologica, più è in crescita.

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La concentrazione del mercato ha infatti una serie di effetti collaterali dannosi sulla biodiversità, sull’aumento delle pratiche intensive, sul degrado ambientale e sulla qualità del lavoro. Permettere agli under 35 di entrare nel campo potrebbe essere fondamentale per recuperare le tradizioni territoriali, rispettando l’ambiente.

Meno aziende, ma più grandi

Aprire un’azienda agricola nell’UE sta diventando sempre più difficile. Tra il 2003 e il 2013, il loro numero è drasticamente calato, toccando il – 25%. La metà dei Paesi membri, tra i quali anche Italia, Belgio e Germania, ha perso un terzo di queste realtà, altri Stati, come Bulgaria e Slovacchia, addirittura due terzi.

La diffusione delle monocolture ha segnato il successo di molte aziende nell’Est Europa: in Repubblica Ceca la superficie agricola media per ognuna è cresciuta in dieci anni da 80 ettari a 130, con una conseguente crescita dei capitali. Le imprese familiari della parte meridionale del continente sono ancora la maggioranza, ma stanno diminuendo.

Le tenute con più di 100 ettari rappresentano solo il 3% del, ma la loro superficie, aumentata del 16% dal 2005 al 2013. Ciò significa che occupano più della metà dei terreni disponibili (il 52%) per l’agricoltura. Quelle con meno di 10 ettari sono l’80% ma coprono solo il 10% del continente. Su di esse pesa però l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, l’inflazione e la concorrenza.

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La maggioranza (96%) delle aziende chiuse a inizio millennio era di questa dimensione, complice la crisi finanziaria dei Mutui Subprime. Dopo la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, si rischia un’altra tragica catena di fallimenti.

Barriere all’ingresso per i giovani

A contribuire questo scenario, secondo Fondazione Cariplo, sono stati anche i sussidi europei. Meccanismi come l’accoppiamento o i pagamenti per ettaro hanno incentivato le aziende a espandersi, privilegiando pochi tipi di colture.

Comprare terreni è molto più facile per chi dispone di molti capitali e molto spesso questo coincide con il possesso di aziende ben avviate. Chi vuole aprire una nuova attività nel settore è quindi inevitabilmente penalizzato. A sperimentare questa barriera all’ingresso sono soprattutto i giovani.

Riforme inefficaci e sussidi non sufficienti

Dal fondo per i giovani del 1980, alla riforma della PAC del 2013 sono stati diversi i tentativi di riequilibrare la situazione, in favore delle piccole imprese. Però, secondo gli addetti ai lavori, non sono stati abbastanza incisivi.

Sono stati circa 190 mila gli agricoltori under 35 che tra il 2007 e il 2013 hanno ricevuto un sostegno, contro i circa 3,5 milioni di età pari o superiore ai 65 anni. Solo il 2% degli aiuti targati UE è destinato ai giovani imprenditori dell’agroalimentare. Molti inoltre lamentano che questa cifra non sia sufficientemente integrato con le politiche nazionali.

Eppure il settore potrebbe superare molte delle sue criticità, grazie agli apporti più innovativi. Molti laureati dei diversi corsi di agraria e giovani appassionati e intraprendenti desiderano sviluppare, grazie alle competenze maturate nei corsi accademici e di aggiornamento, coltivazioni a filiera corta e biologiche, recuperando antiche cultivar o introducendo metodi alternativi di sfruttamento della terra.

Si tratta di tecniche che permetterebbero di valorizzare la tradizione di diversi territori, con un impatto minore sul paesaggio e sulla biodiversità, rispetto alle monocolture attuali.

Fonte dell'articoloeuractiv.it
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