Il Parlamento europeo ha dato martedì (11 marzo) la sua approvazione definitiva alle nuove norme per ridurre l’inquinamento causato dagli allevamenti di bestiame (suini e pollame) e dagli impianti industriali.
La legge ora deve essere adottata anche dal Consiglio, prima di essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’UE ed entrare in vigore 20 giorni dopo. Gli Stati membri avranno quindi 22 mesi per conformarsi a questa direttiva.
Il Parlamento ha approvato con 393 voti favorevoli, 173 contrari e 49 astensioni l’accordo con gli Stati membri sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED) e con 506 voti favorevoli, 82 contrari e 25 astensioni il nuovo regolamento sul portale delle emissioni industriali.
La legge renderà più restrittivi i limiti per le aziende agricole e le fabbriche sullo smaltimento dei rifiuti e sui gas inquinanti, nel tentativo di ridurre i danni all’ambiente. I Paesi membri dell’Unione europea dovranno dare la loro approvazione finale, prima che la legge possa entrare in vigore.
Per quanto riguarda gli impianti industriali le nuove norme renderanno obbligatorio fissare i livelli di emissioni più rigorosi ottenibili per i settori interessati.
Per combattere la scarsità idrica, gli obiettivi di prestazione ambientale diventeranno obbligatori per il consumo idrico. Per quanto riguarda i rifiuti, l’efficienza delle risorse, l’efficienza energetica e l’uso delle materie prime, gli obiettivi rientreranno in un intervallo mentre per le nuove tecniche saranno indicativi.
La nuova IED riguarderà ora anche gli impianti dell’industria estrattiva (miniere) e i grandi impianti di produzione di batterie.
Allevamenti di bestiame
Sugli allevanti di bestiame, i colegislatori hanno concordato di estendere le misure IED agli allevamenti di suini con più di 350 unità di bestiame (LSU). Sono escluse le aziende che allevano suini in modo estensivo o biologico e all’aperto per un periodo significativo di tempo nell’anno.
Per il pollame, la direttiva si applica agli allevamenti con galline ovaiole con più di 300 UBA e agli allevamenti con polli da carne con più di 280 UBA. Per le aziende che allevano sia suini che pollame il limite sarà di 380 LSU.
La Commissione valuterà, entro il 31 dicembre 2026, se sia necessario affrontare ulteriormente le emissioni derivanti dall’allevamento di bestiame, compresi i bovini, e una clausola di reciprocità per garantire che i produttori al di fuori dell’UE soddisfino requisiti simili alle norme UE quando esportano nell’UE.
Partecipazione pubblica, sanzioni e risarcimenti
Come sottolineato dal Parlamento europeo in una nota, la trasparenza e la partecipazione pubblica in relazione alle licenze, al funzionamento e al controllo degli impianti regolamentati miglioreranno man mano che il registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti sarà trasformato in un portale delle emissioni industriali dell’UE dove i cittadini potranno accedere ai dati su tutti i permessi dell’UE e sulle attività inquinanti locali.
Le aziende che non si conformano possono incorrere in sanzioni pari ad almeno il 3% del fatturato annuo dell’operatore nell’UE per le violazioni più gravi. I paesi dell’UE riconoscono ai cittadini colpiti da inadempienza il diritto di chiedere un risarcimento per i danni alla salute.
Agricoltori e allevatori critici
Il passaggio al Parlamento europeo della direttiva è stato criticato da agricoltori e allevatori. In una nota la Confederazione italiana agricoltori (CIA) ha affermato che la direttiva rappresenta una „forte penalizzazione per il settore avicolo e suinicolo italiano ed europeo”.
Secondo CIA, solo in Italia rientrerebbero nel nuovo perimetro disegnato dalla direttiva il 90% degli allevamenti avicoli e il 20% di quelli suinicoli, ma con un impatto superiore all’80% sulla produzione di carne di maiale.
Anche la Coldiretti ha criticato la direttiva votata dal Parlamento europeo. In una nota, il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha affermato che l’UE „ha perso l’ennesima occasione di invertire la rotta, abbandonando le follie di un estremismo green che rischia di far chiudere migliaia di allevamenti, stretti tra una burocrazia sempre più asfissiante e la concorrenza sleale dall’estero”.