sabato, 4 Maggio, 2024
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L’inflazione pesa sul mercato del vino: – 6% delle vendite solo in Italia

L’inflazione pesa anche sul mercato del vino. Tra le eccellenze di diversi Paesi europei, in primis l’Italia e l’Europa, è tra i prodotti che più stanno accusando il calo delle vendite, dovuto all’aumento generalizzato dei prezzi, che nel settore ha toccato il 7%.

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Secondo, l’Osservatorio Ismea-Uiv (che ha studiato i dati base NielsenIQ), tra gennaio e marzo 2023 le vendite hanno fatto segnare un – 6,1% a volume. Il dato italiano è in linea con una tendenza europea, che vede in difficoltò diversi imprenditori.

Male i rossi, resistono le bollicine

L’Italia è il principale produttore ed esportatore mondiale di vino, con oltre 14 miliardi di fatturato, del quale la metà dipende dalle esportazioni all’estero. Nell’ultimo periodo, soprattutto sugli scaffali dei supermercati, questa bevanda non è più molto popolare.

“L’inflazione e la situazione di incertezza creata dalla guerra in Ucraina stanno avendo un grave impatto sugli acquisti del vino, che non è percepito come un bene primario – spiega Simone Interdonato, enologo che, tramite la società Affina, offre consulenza a diversi viticoltori – Questi sono però in discesa da diversi anni. Negli Anni Settanta il consumo pro capite negli Stati dell’UE era di circa 100 litri, oggi siamo scesi a 20″.

In particolare, il calo maggiore ha colpito i vini rossi, con alcuni dei nomi più noti, come il Bonarda e il Nero d’Avola, che hanno registrato un -20%. Mentre resistono gli spumanti in bottiglia: dai 10,7 mln di litri del 2018, quest’anno si è saliti a 15,8.

Anche il prosecco perde leggermente in quantità acquistate (-7,1%), a fronte di un +12% del prezzo medio. Gli spumanti con metodo classico virano invece in positivo (+1,6% a volume), anche grazie a un aumento dei prezzi più contenuto (+5,7%).

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Una crisi europea

La crisi del settore vitivinicolo è di dimensione europea. “La Francia, nella regione di Bordeaux, espianterà 9.500 ettari di vigneti”. Le denominazioni meno prestigiose soffrono per il crollo degli acquisti (-7% nel 2022 secondo i dati diffusi nel panel FranceAgriMer) e, secondo la Camera dell’agricoltura locale, si stima una sovrapproduzione di un milione di ettolitri.

“Sia Parigi, sia il governo spagnolo di Madrid stanno stanziando sostegni per gli agricoltori – spiega Interdonato – se non altro, per aiutarli a trasformare il vino in eccesso in alcol denaturato, da destinare all’uso non alimentare”.

In Italia, “non siamo ancora arrivati a una situazione così drammatica – dice l’enologo – La nostra politica sugli impianti, anche grazie alle etichette DOC e DOCG (Denominazione di origine controllata e garantita), è abbastanza protezionista e, in passato, non ha consentito un aumento delle superfici dei vigneti della stessa portata di quello avvenuto negli altri Paesi europei”.

Risolvere la situazione a livello europeo

L’aumento dei finanziamenti diretti per le imprese vitivinicole, stabilito dalla Pac 2023-2027 (Politica agricola comune), potrebbe portare un po’ di sollievo. Il Piano strategico dell’Italia, presentato alla Commissione UE, dovrebbe mettere a bilancio ben 51 miliardi di euro per le eccellenze che vanno dal Chianti, alla Valpolicella all’Aglianico del Vulture.

“La redditività del settore dipende però tanto dal mercato. – spiega Interdonato – Di solito poi sono sempre le aziende più grandi ad accedere ai fondi. Banalmente hanno risorse che le piccole non riescono a mettere in campo”.

Secondo l’enologo, per salvare il vino occorre cambiare la concezione che se ne ha a livello europeo.

“Non basta un’etichetta con gli ingredienti come quella di una birra o di una cola – commenta Interdonato – Per raccontare il vino serve parlare del suolo dove sorgono i vigneti, delle persone che lo creano, del paesaggio nel quale ha origine”.

Fonte dell'articoloeuractiv.it
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