Il 74% delle aziende agricole adotta almeno una pratica circolare, il modello basato sull’uso sostenibile e rigenerativo delle risorse naturali per prevenirne l’esaurimento e ridurne lo spreco.
E’ quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, presentata al convegno „Sostenibilità al plurale: strategie e relazioni per la filiera agroalimentare in trasformazione”.
Gli agricoltori passano all’azione per tutelare suolo, acqua e biodiversità, contrastando le perdite agricole e gli sprechi alimentari, tenendo sempre a mente il prorpio reddito.
Le pratiche più diffuse sono quelle rigenerative, come l’agricoltura integrata, conservativa, tutela della biodiversità o mantenimento degli ecosistemi, adottate da oltre un’azienda su due; il 48% fa uso di materie prime ricavate da scarti di processo, acqua riutilizzata ed energia da fonti rinnovabili.
La valorizzazione delle eccedenze di produzione, inclusi il recupero, la donazione e la ritrasformazione è una pratica adottata dal 38%, mentre quella degli scarti e delle biomasse riutilizzabili come materie prime nell’industria, fertilizzanti agricoli o altre applicazioni dal 33%.
Pratiche circolari che avvengono nell’82% delle imprese molto grandi, contro il 77% delle grandi, il 76% delle medie e il 73% delle piccole.
Nella transizione sostenibile dei sistemi alimentari, una delle strade percorribili è la filiera corta, dove i Gas, gruppi di acquisto solidale, sono una possibile alternativa ai canali distributivi tradizionali; ma la Grande distribuzione continua a dare maggiori garanzie dal punto di vista del risparmio e facilità d’acquisto.
Due modelli che possono convivere. Al centro del dibattito anche il packaging alimentare, visto tra i grandi nemici da ripensare in chiave circolare, tracciabile e sostenibile, conciliando la tutela ambientale, con la riduzione degli sprechi e la qualità del prodotto.