venerdì, 19 Aprile, 2024
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Vertical farming: brevi spunti di riflessione

La pratica dell’agricoltura verticale permette di risparmiare acqua e suolo, ottimizzare l’uso di diversi fattori produttivi e di ridurre i costi ambientali dei trasporti. Per questo il mercato sembra essere destinato a crescere.

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In termini molto schematici, il vertical farming può essere definito come una coltivazione fuori suolo (prevalentemente idroponica e aeroponica) effettuata su più livelli in ambiente chiuso e controllato.

Rappresenta il settore più avanzato dell’agricoltura in ambiente controllato (Cea – controlled environment agriculture), richiede tecnologie appropriate per la fertirrigazione e permette l’ottimizzazione della crescita attraverso l’illuminazione artificiale e la gestione delle condizioni climatiche.

L’introduzione di sensoristica e IoT (internet of things) consente il monitoraggio continuo delle condizioni ambientali all’interno delle strutture di coltivazione e dei consumi di acqua ed energia. I dati ottenuti possono essere elaborati tramite algoritmi di intelligenza artificiale per ottimizzare la crescita delle piante e sviluppare modelli di previsione.

In uno scenario realistico, il vertical farming si propone non tanto come alternativa generica all’agricoltura tradizionale quanto come possibile soluzione per ottenere, in contesti specifici (per esempio in ambito urbano, ambienti estremi e filiere particolari), determinati prodotti di elevata qualità, per mercati specifici e in modo totalmente svincolato dalle condizioni esterne.

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Il concetto di plant factory, che unisce l’aspetto agronomico a quello industriale, in questo caso è fondamentale per una corretta impostazione tecnico economica del progetto, senza dimenticare che i tempi, i modi e i mercati dei settori agricoli specializzati sono diversi rispetto a quelli dei settori industriali.

Secondo diverse previsioni il tasso di crescita del mercato globale del vertical farming dovrebbe aumentare del 25,5% entro il 2030, con l’Europa, e in particolare l’Italia, ai primi posti in questo trend.

Semplificando, anche in Italia si possono identificare diversi tipi di approccio imprenditoriale, con esigenze parzialmente sovrapponibili: i produttori, che costituiscono la gran parte delle realtà attualmente presenti, con dimensioni e target di mercato differenziati, caratterizzati comunque da una distribuzione locale del prodotto, e i fornitori di soluzioni tecnologiche, più o meno complete, per il vertical farming, che guardano a un mercato di riferimento sia italiano che globale.

I principali punti di attenzione del vertical farming continuano a essere legati alla sostenibilità ambientale ed economica.

A fronte di un indubbio risparmio di acqua e suolo, all’ottimizzazione nell’uso di diversi fattori produttivi e alla possibilità di ridurre drasticamente i costi ambientali dei trasporti; il consumo energetico per l’illuminazione e il condizionamento resta tuttora critico, anche se il ricorso a fonti alternative può ridurne l’impatto ambientale.

Considerando l’ambito strettamente alimentare, bisogna tenere conto, tra l’altro, che la percezione del valore aggiuntivo del prodotto rispetto alle alternative (anche bio) da parte del consumatore è ancora da costruire, che alle referenze che attualmente vengono prodotte su ampia scala (principalmente baby leaf e aromatiche) attualmente sono riconosciuti prezzi di livello medio alto e che l’ingresso di nuovi operatori inciderà inevitabilmente sui prezzi futuri.

Secondo diversi osservatori, le recenti chiusure di realtà produttive europee ed oltreoceano confermano che gli elevatissimi costi di investimento e di gestione richiedono attenzione non solo sulla riduzione dei costi energetici ma anche valutazioni più attente sulla strategia aziendale complessiva.

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