Dal Durum Days 2022 è emerso che nel 50% dei campi viene impiegato seme non certificato. E in Italia c’è l’incognita del clima.
Prezzi del grano duro superiori di circa il 70-80% rispetto a un anno fa, con una produzione stimata in calo del 2% per la campagna 2022 in Italia.
Questo il quadro che emerge da Durum Days 2022, l’evento che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera a Foggia per fare il punto sulle prime previsioni.
Appuntamento molto atteso, cui hanno partecipato Assosementi, Cia – Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa, Unione Italiana Food e Crea, con Areté partner tecnico e Syngenta come sponsor.
Tra gli altri temi, emerge un elemento: la mancanza di certificazione per la metà dei campi e il peso dell’incognita cambiamenti climatici.
Secondo Assosementi l’impiego di seme non certificato per le coltivazioni di frumento duro continua a riguardare oltre la metà delle superfici coltivate, mettendo a rischio la tracciabilità di una produzione strategica come la pasta, simbolo di italianità nel Mondo.
L’uso di seme certificato, infatti, non andrebbe oltre le 179mila tonnellate con una crescita del 4% rispetto al 2021.
Per offrire produzioni ad alto valore aggiunto agli agricoltori e assicurare la qualità ai consumatori – spiega Assosementi – non si può prescindere dal seme certificato:
Per esempio tra i vantaggi del seme certificato c’è il sostegno diretto ai programmi varietali messi in campo dalle aziende sementiere. L’auspicio è che questo percorso di innovazione “sia pienamente sostenuto dalle istituzioni, per consentire anche lo sviluppo di partnership efficaci tra pubblico e privato”.
Ma al Durum Days 2022 a tenere banco è la questione dei costi. A maggio il prezzo alla Camera di Commercio di Foggia si è attestato sui 544,50 euro a tonnellata, valore non distante dai picchi toccati a gennaio 2022. A oggi quindi è difficile ipotizzare riduzioni di prezzo superiori al 15%, anche per le condizioni sempre più critiche dei cereali sul mercato generale.
In Europa il clima secco sta mettendo a rischio il raccolto di frumento duro soprattutto in Francia, mentre in Italia le recenti piogge potrebbero non essere sufficienti a compensare la siccità dei mesi precedenti, anche alla luce dei ritardi delle semine e dell’ondata di caldo che sta investendo il Paese.
Le prospettive di un calo dei prezzi per il grano duro restano quindi subordinate ai rischi di un ulteriore deterioramento delle produzioni per via dell’impatto climatico. La produzione nazionale, secondo le stime, faticherebbe a raggiungere i 4 milioni di tonnellate, facendo registrare un leggero calo rispetto alla campagna precedente.
Quanto alle previsioni di resa del grano duro per l’Italia, le incognite legate ai cambiamenti climatici sono le più serie da prendere in considerazione.
I cambiamenti climatici aggravano a livello globale gli effetti negativi sulla sicurezza alimentare mondiale della guerra, con la produzione di grano in Ucraina stimata in calo di un terzo rispetto all’anno precedente, per la riduzione delle superfici e delle rese a causa dell’invasione della Russia.
In base alle previsioni di Areté, nel Nord America, dopo la pesante siccità che nella scorsa campagna ha compromesso oltre la metà del raccolto, anche per la campagna 2022-2023 che si apre a giugno, le condizioni climatiche non ottimali stanno ipotecando le produzioni attese.
In Usa e Canada i ritardi nelle semine e la siccità stanno limitando le potenzialità di rimbalzo dell’offerta, comunque significative dopo la produzione deludente della scorsa campagna.
In Canada, dove l’aumento atteso delle aree seminate è del 10%, si stimano produzioni che non andranno oltre i 5,5 milioni di tonnellate: non certo un dato record, ma comunque un recupero importante rispetto ai precedenti 2,6 milioni di tonnellate.